Un parcheggio e una tettoia introducono al parco storico di Forte Pozzacchio. Progetti e realizzazioni dedicati alla risignificazione di paesaggi fortificati attraverso operazioni di coltivazione architettonica dei luoghi.
Abbiamo colto l’occasione di un finanziamento del Fondo Sociale Europeo per zone rurali depresse lavorando su un’ipotesi di recupero della memoria dei luoghi intesa quale bene culturale anch’esso. Ed a fronte dei nostalgici morbosi ricostruttori di rovine che imperversavano con le più varie ipotesi di ambientazione/imbalsamazione presso questi siti densi di tragedie passate, abbiamo cercato di contrapporre una ben più discreta idea di messa in opera della memoria capace di sottolineare i luoghi senza nasconderne l’esperienza nel corso del tempo. E come per quello che è il più avanzato modo di conservare i resti archeologici serve ricercare una nuova espressività dei resti attraverso i manufatti dedicati alla loro conservazione; abbiamo qui perseguito un modo altrettanto soft e prudente, ma teso a far rivivere i manufatti stessi non già e non solo per la loro presenza, bensì anche in quanto fatti spaziali. Le casermette dello sbarramento di Forte Pozzacchio in Vallarsa a ridosso di Trambileno e di Rovereto, ridotte a pochi brandelli di muro, trasmutano nella semplice disposizione di due tettoie sorrette da tubi di acciaio acidato, coperte in travi di abete e bandoni in zincotitanio, il tutto calibrato sulla misura di quelle rovine e divenendo il luogo per esporre un modello del Forte ed alcune immagini storiche.
Intervento “leggero” teso a “fare sistema”, con la consapevolezza però che, se è al distratto visitatore della domenica che dobbiamo rivolgerci, dobbiamo essere anche capaci di aiutarne l’immaginazione e indirizzarne con la giusta forza l’occhio inesperto. Consci del rischio di dire troppo, eppure superando la simmetrica incognita che sta nell’eccessivo culto del silenzio.